Allenamento con gli asini

Cosa significa? Stiamo allenando i dolci compagni grigi dalle lunghe orecchie (che trovo assolutamente adorabili)? No. "Donkey Coaching" è un termine coniato da Federica, una deliziosa coach della SolutionsAcademy dall'Italia. Non so niente degli asini italiani, ma conosco la tradizione tedesca sugli asini: se provi a forzarli, non si muovono. Se li tiri da davanti, piantano gli zoccoli e non si muovono, se li frustate con un bastone si arrabbiano.

Ora, cosa c'entra tutto questo con il coaching?

Quando iniziamo a fare coaching o ad applicare uno stile di coaching nella leadership, spesso pensiamo di sapere dove dovrebbe arrivare il cliente, quale dovrebbe essere la soluzione. Cerchiamo di porre "domande socratiche" che dovrebbero portare il cliente alla "risposta giusta" e siamo delusi se non ci riusciamo. Proprio come la persona che cerca di spostare un asino, non abbiamo successo perché abbiamo determinato qual è il percorso e non l'asino. Questo è frustrante per entrambe le parti: il coach si sente impotente e incompetente, il cliente si sente spinto in giro. Il coach e il cliente hanno vita molto più facile se il coach e il cliente camminano uno accanto all'altro e il coach non spinge né tira ma accompagna. Confrontiamo i diversi stili di domande.

Donkey Coaching

Diciamo che il cliente vuole essere più assertivo. Il coach e il cliente hanno esplorato situazioni in cui il cliente è più assertivo. Il coach decide che il cliente dovrebbe usare queste esperienze e applicarle alla situazione attuale.

  • Cliente: "Sì, con i miei figli posso essere più assertivo"
  • Coach: "Come puoi usare questa esperienza con i tuoi colleghi?"
  • Cliente: "Beh, in realtà questa è una situazione completamente diversa!"
  • Coach: "Ma hai appena detto che..."
  • Cliente: "Ma, no..."

Tada! Il cliente si è impuntato, proprio come l'asino quando si sente spinto o tirato. Coach e cliente stanno giocando a un gioco di "Sì, ma" e il cliente sta riflettendo molto sul perché questo non funzionerà, il che non è molto utile.

Coaching fianco a fianco

Prendiamo la stessa situazione.

  • Cliente: "Sì, con i miei figli posso essere più assertivo"
  • Coach: "Come fanno i bambini a notare che sei più assertivo?"
  • Cliente (fornisce una descrizione dettagliata)
  • Coach: "Quando ti senti descrivere la tua assertività con i tuoi figli, cosa stai imparando, se non altro, sull'essere assertivo?"
  • Cliente: "Quando sono assertivo con i miei figli, mi sento come se fossi al comando e so cosa sto facendo, in realtà non mi sento spesso così nel mio lavoro. Ma so di essere competente".
  • Coach: "Vorresti che esplorassimo un po' questa sensazione di competenza?"
  • Cliente: "Certo!"
  • Coach: "Quando ti senti un po' competente al lavoro, come te ne accorgi?"

E così via: il coach non dà per scontato di sapere come e cosa il cliente dovrebbe rispondere. Coach e cliente sono fianco a fianco e a volte il coach tocca la spalla del cliente per aiutarlo ad ampliare il suo campo visivo. Questo è molto più rilassante sia per il coach che per il cliente, più piacevole e più utile.

E ho detto che adoro gli asini?

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